Predicatore e missionario gesuita italiano. Recatosi come missionario in
Brasile, vi svolse un'intensa attività di predicazione per oltre
trent'anni (1521-53). Ritornato a Lisbona, non riuscì a evitare uno
scontro diretto con Pombal, il ministro del nuovo re del Portogallo, Giuseppe I.
La controversia aveva per oggetto il trattato ispano-portoghese, stipulato nel
1750 per la delimitazione delle rispettive frontiere americane. Esso stabiliva,
tra l'altro, che una vasta zona del Brasile fosse trasferita dalla
sovranità spagnola a quella portoghese, coinvolgendo direttamente i
gesuiti che avevano in quei territori la loro missione più famosa. Essi
avevano raccolto gli indigeni convertiti in villaggi, le cosiddette
reducciones, produttivamente ed economicamente indipendenti dai
colonizzatori.
M. condusse un'accesa predicazione contro il trasferimento
forzato della popolazione di interi villaggi e giunse a indicare nel terremoto
che aveva distrutto Lisbona un segno dell'ira divina contro il nuovo governo
portoghese. Tutte le presunte iniquità commesse dai gesuiti furono
denunciate dal Pombal nel 1758 in una
Relazione nella quale i gesuiti
erano rappresentati come i padroni di una potente repubblica che sfruttava gli
Indios come schiavi e mirava alla dominazione del mondo intero. Su
richiesta del governo portoghese, papa Benedetto XIV affidò al cardinale
del Saldaha, parente del Pombal, il compito di esaminare l'opera dei gesuiti che
furono privati di ogni privilegio. Il 3 settembre 1758 un fallito attentato
contro il re consentì a Pombal di coinvolgere in un processo per
tradimento anche il
M. e altri gesuiti. Processato nel 1761
dall'Inquisizione portoghese, ormai completamente subordinata al controllo dello
Stato, venne dichiarato eretico, sulla base di due testi scritti in prigione,
condannato al rogo e barbaramente giustiziato (Menaggio, Como 1689 - Lisbona
1761).